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L'Oblío Oncologico

Coffee Privacy
L'Oblío Oncologico

Durante il Coffee Privacy dello scorso 28 marzo, in Area Legale è stato approfondito il tema del diritto all’oblío e, più in particolare, dell’oblío oncologico, previsto dalla Legge 7 dicembre 2023, n. 193, con la quale il Legislatore nazionale ha disposto il diritto delle persone guarite da una malattia tumorale di non fornire informazioni né di subire indagini in merito alla propria pregressa condizione patologica, nei casi determinati dalla norma stessa.

Nel corso dell’incontro è stato affrontato il tema anche da un punto di vista sistematico, valutando l’intersecarsi di questa Legge con altre norme, vigenti e in corso di futura applicazione, italiane ed europee.

 

Il diritto all’oblío

Il diritto all’oblío fa parte dei diritti della personalità, ovvero, di quei diritti soggettivi assoluti funzionalmente diretti ad affermare e garantire esigenze di carattere esistenziale che ogni persona ha in quanto tale. Si accosta a diritti come, ad esempio, quello all’onore, alla riservatezza e all’identità personale.

Il diritto all’oblío viene definito dal Regolamento UE 2016/679 (GDPR) come il diritto dell’interessato di ottenere la rimozione dalla libera circolazione delle informazioni che lo riguardano. L’art. 17 del Regolamento UE 2016/679, infatti, obbliga i titolari che hanno reso pubblici dei dati personali dell’interessato (ad esempio pubblicandoli su un sito web), ad informare della richiesta di cancellazione gli altri titolari che trattano tali dati personali cancellati, comprendendo qualsiasi link, copia o riproduzione. Questo perché, come detto anche dalla Suprema Corte di Cassazione, il diritto all’oblío si configura come: “il giusto interesse di ogni persona a non restare indeterminatamente esposta ai danni ulteriori che arreca al suo onore ed alla sua reputazione la reiterata pubblicazione di una notizia in passato legittimamente divulgata” (Cass. n. 3679/1998 richiamata nell’ordinanza della Cassazione n. 7559/2020).

Talvolta, la richiesta di rimozione da parte del soggetto che non vuole che le proprie informazioni continuino a circolare entra nel fisiologico conflitto tra il diritto alla manifestazione del pensiero, il diritto di cronaca e il diritto alla privacy.

Dove si rileva il problema? Il punto è che l’informatizzazione delle notizie e la diffusione delle stesse negli archivi online ha comportato la fiorente fruibilità di questi dati personali che persistono nel tempo. Tale permanenza, percepita come svincolata dallo scorrere del tempo, sovraespone in maniera costante il soggetto interessato, il quale rischia di rimanere sempre associato alle notizie che lo riguardano, in particolare quelle negative, le quali impatteranno sulla sua vita, provocando anche tutta una serie di danni (es. all’onore, alla reputazione, etc.) e discriminazioni, determinando una situazione di incubo senza fine.

Il decorso del tempo fa decadere l’interesse della società al reperimento delle notizie un tempo lecitamente pubblicate, facendo così venir meno la base legittimante di tale diffusione.

È per tale ragione che il diritto all’oblío al giorno d’oggi assume un’importanza fondamentale. Esso, infatti, permette all’interessato di esercitare efficacemente, nei casi previsti, un controllo sulle informazioni in circolazione che lo riguardano.

In questa prospettiva, il diritto all’oblío si differenzia rispetto al diritto alla riservatezza, per un fattore fondamentale che è, appunto, il trascorrere del tempo. Anche la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito: “il diritto all’oblio, a differenza del diritto alla riservatezza, non è volto a precludere la divulgazione di notizie e fatti appartenenti alla sfera intima della persona e tenuti fino ad allora riservati, ma ad impedire che fatti, già legittimamente pubblicati, e quindi sottratti al riserbo, possano essere rievocati nella rilevanza del tempo trascorso” (Cass. ord. n. 9147/2020).

La Cassazione sottolinea, dunque, come l’equilibrio tra i diritti fondamentali della persona ed il diritto alla libertà di espressione del pensiero possa raggiungersi disponendo che: “il gestore del motore di ricerca [sia] obbligato ad intervenire sull’elenco delle informazioni indicizzate provvedendo ad eliminare il link di raccordo verso pagine web dell’archivio online che riportino informazioni sulla persona il cui nome sia stato digitato sulla query del motore di ricerca”, anche nei casi in cui la loro pubblicazione sul web sia stata lecita. Per concludere, altro obbligo è, inoltre, quello in capo al gestore il quale deve: “intervenire sull’elenco delle informazioni indicizzate, attualizzando la notizia relativa a vicenda giudiziaria penale dell’interessato facendo figurare per primi i link verso pagine web contenenti informazioni attuali sulla situazione dell’interessato” (Cass., ord. 9147/2020).

Per chiarire meglio ai non addetti ai lavori, facciamo esempio: 10 anni fa Tizio ha commesso un reato e la notizia è stata lecitamente pubblicata. Tizio ha espiato la condanna e vuole trovare un impiego però non riesce a farlo perché gli eventuali datori di lavoro, con il semplice inserimento del suo nome nei motori di ricerca, trovano, magari ai primi posti, pubblicazioni relative al reato che, pur avendo una data risalente, risultano percepite come attuali.

Grazie all’esercizio del diritto all’oblío, invece, la navigazione sul web non farà apparire quelle informazioni ed eventualmente, se del caso, condurrà ai siti riportanti la condizione realmente attuale dell’interessato. Pertanto, rimanendo nell’esempio, Tizio sarà finalmente liberato dalla sua “lettera scarlatta” o quantomeno apparirà come soggetto che ha pagato il suo conto con la giustizia.

Tra i casi più noti che hanno sottolineato l’importanza del diritto all’oblío è necessario citare il famosissimo caso c.d. Google Spain (Corte di giustizia dell’Unione europea (CGCE), Causa C-131/12) nel quale la Corte di Lussemburgo ha obbligato Google a rimuovere, su richiesta dell’interessato, il link verso siti web riportanti informazioni indesiderate.

 

Il diritto all’oblío oncologico

Tra le possibili conseguenze negative della permanenza del trattamento di dati personali c’è, come accennato, quella della discriminazione. All’effetto pratico, tale problematica si rileva in maniera preponderante anche in ambito sanitario, dove il nostro caro Tizio affetto da tumore 20 anni fa, guarito senza recidive da oltre 10 anni, potrebbe subire comunque il pregiudizio relativo al suo stato di salute, ad esempio, vedendosi preclusa la possibilità di chiedere un prestito, adottare un bambino o accedere a quelle procedure concorsuali e selettive, pubbliche o private, per le quali sia previsto l’accertamento di requisiti psico-fisici o concernenti lo stato di salute dei candidati.

Per tale ragione, il Legislatore nazionale ha emanato la L. n. 193 del 7 dicembre 2023 recante: “Disposizioni per la prevenzione delle discriminazioni e la tutela dei diritti delle persone che sono state affette da malattie oncologiche”, la quale, all’art. 1, definisce: <>. Disponendo in materia di parità di trattamento, non discriminazione e garanzia del diritto all'oblío delle persone guarite da patologie oncologiche, la finalità della norma è quella di escludere qualsiasi forma di pregiudizio o disparità di trattamento, qualora le cure si siano concluse, senza episodi di recidive o ricadute, da più di dieci anni alla data dell’esercizio di uno dei diritti richiamati dalla norma. Tale periodo è ridotto della metà nel caso in cui la patologia sia insorta prima del compimento del ventunesimo anno di età. La legge prevede, inoltre, che tali informazioni non possano essere acquisite neanche da fonti diverse dal soggetto guarito e, qualora siano comunque nella disponibilità di colui che intendesse reperirle, non possano essere utilizzate.

La norma tocca i seguenti settori:

  • Art. 2: Accesso ai servizi bancari, finanziari, di investimento e assicurativi;
  • Art. 3: Adozione (si tratta di modifiche alla Legge n. 184 del1983);
  • Art. 4: Accesso alle procedure concorsuali e selettive, al lavoro e alla formazione professionale.

A vigilare sull’applicazione delle disposizioni previste dalla L. n. 193 del 2023 è il Garante per la protezione dei dati personali.

 

Al centro, le persone

La Legge, con lo scopo di attuare i diritti costituzionali nazionali, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, il Piano europeo di lotta contro il cancro e la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, è finalizzata ad escludere per tutte le persone guarite da malattie oncologiche qualsiasi forma di pregiudizio o disparità di trattamento, in quanto, tale discriminazione si pone in contrasto con la scienza, la quale non considera il cancro come una malattia che condanna a morte certa e prematura ma, anzi, quando eliminata, seppur con la cautela di monitorare la situazione fisica dell’ex malato per una serie di anni, può portare a sostenere che la persona sia effettivamente guarita.

 

La possibile Ratio Legis

I diritti inviolabili dell’uomo richiamati nelle norme citate, che, ricordiamo, nella gerarchia delle fonti si trovano in cima, sono volti da un lato a permettere a tutte le persone di svolgere la propria vita in modo pieno e dall’altro richiedono l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. La legge sull’oblío oncologico si inserisce nell’Ordinamento per rispondere all’esigenza di riespandere ai guariti, secondo scienza, l’espressione della propria personalità sia come singolo che nella società. Di fatto, grazie a questa normativa, moltissime persone potranno finalmente tornare ad avere tutte le opportunità che avevano prima di dover affrontare questo male che, fortunatamente, oggi non è più necessariamente una condanna a morte.

A ben vedere, infatti, i settori toccati dalla norma sono tra quelli più importanti per una persona:

  • la possibilità di essere aiutata economicamente;
  • la possibilità di esprimere il proprio istinto genitoriale più solidale, dando l’opportunità ad un minore di avere una famiglia;
  • la possibilità di lavorare.

Tutto ciò, prima di questa norma, era precluso o limitato, come spesso purtroppo accade, per un mancato allineamento tra la scienza e i dettati normativi, che comunque sono sempre volti alla tutela e alla promozione dello sviluppo della società.

 

L’accesso ai servizi bancari, finanziari, di investimento e assicurativi

La legge sull’oblío oncologico, la cui formulazione del testo ha visto il coinvolgimento delle Associazioni di categoria e della politica, è sicuramente innovativa rispetto a quello che era il quadro molto confuso del passato. Essa, infatti, offre maggiore chiarezza anche nell’ambito contrattuale, soprattutto relativamente all’accesso ai servizi bancari, finanziari, di investimento e assicurativi. Tali tipologie di servizi a loro volta presuppongono un impatto anche più ampio, dal punto di vista merceologico: questo perché alcune categorie di finanziamento, come ad es. il credito al consumo, agevolano anche il mercato di beni e servizi che sono ad esso collegati.

L’art. 2 della L. n. 193 del 2023, infatti, impatta anche sul collegamento negoziale che la normativa di settore crea con quei beni e servizi legati al credito: molto banalmente, se acquisto un telefonino con un operatore telefonico grazie ad un finanziamento, le sorti del contratto di acquisto e di quello di credito sono giuridicamente connesse tra di loro, per cui una eventuale nullità dell’uno può comportare la nullità automatica dell’altro.

La legge sull’oblío oncologico potrebbe però porre delle criticità se messa in relazione con le norme riguardanti il credito al consumo. Il 30 ottobre 2023, infatti, è entrata in vigore la seconda Direttiva sul Credito al Consumo (Direttiva 2023/2225/UE, che sostituisce e va ad abrogare quella del 2008), la quale, come spesso accade nel nostro Ordinamento, non si colloca pienamente nell’ambito dell’attuale quadro nazionale.

 

La Direttiva UE n. 48 del 2008 (CCD)

La Direttiva n. 48 del 2008 dispone sul credito ai consumatori e parla di quei finanziamenti che vanno dai 200€ al 75.000€, quindi i più diffusi sul mercato.

Questi finanziamenti possono essere:

  • Finalizzati: erogati con un fine specifico (ad esempio, essi vengono destinati ad una casa automobilistica per l’acquisto della macchina per Mario Rossi);
  • Non finalizzati: assegnati direttamente a Mario Rossi che poi deciderà liberamente come impiegare i soldi.

Tra le tante caratteristiche di questa norma, vi è l’obbligo per le banche di valutare in maniera attenta il merito creditizio, ovvero la solvibilità, la capacità di far fronte alle rate da parte del potenziale cliente.

Tale valutazione, risponde a due logiche:

  1. Tutelare il cliente dal sovraindebitamento;
  2. Assicurare la stabilità del sistema: evitando che banche e finanziare eroghino finanziamenti che poi non possono recuperare.

Questa norma fissa degli obblighi molto stringenti anche per gli intermediari, i quali devono addirittura astenersi dal finanziare la persona che non abbia un buon merito creditizio: cioè non sembra essere in grado di assicurare la restituzione delle somme.

 

La valutazione del “merito creditizio”

La valutazione del merito creditizio è un tema molto importante che dà luogo a numerosi contenziosi civilistici. I Tribunali (vedi, ad es.: Corte di Giustizia, sentenza dell’11 gennaio 2024 - causa C-755/22) possono sancire la nullità del contratto di finanziamento per omessa o errata valutazione del merito creditizio.

Cosa c’entra con l’oblío oncologico? C’entra, perché un punto focale della valutazione del merito creditizio è la capacità del cliente di rimborsare le rate. Questa analisi viene effettuata sulla base di una serie di dati in cui, da sempre, giocano un ruolo fondamentale le informazioni sanitarie o comunque quelle legate allo stato di salute, soprattutto, come accade in maniera ricorrente nella prassi, laddove questi finanziamenti siano anche accompagnati da polizze assicurative.

Prima dell'introduzione della Legge n. 193 del 2023 gli intermediari assicurativi e bancari utilizzavano le informazioni sulla storia oncologica del paziente con modalità penalizzanti per il consumatore:

-           si rifiutavano di finanziare i clienti, poiché la pregressa malattia oncologica comportava una variabile di rischio troppo alta di ricadute e quindi di possibile insolvibilità;

-           in alternativa finanziavano con condizioni economiche diverse, più onerose, a copertura del rischio che l’intermediario si assumeva;

-           in altri casi erogavano il finanziamento ma con polizze con copertura molto parziale dei danni: la casistica tipica è quella della Compagnia assicurativa che fornisce polizze vita collegate al mutuo per l'acquisto di una abitazione, escludendo dalla copertura tutti gli eventi che siano collegati o ricollegabili alla malattia oncologica. Non solo quando il trattamento oncologico fosse in atto o si fosse concluso da poco, ma anche dopo un numero di anni dalla guarigione che la Comunità Scientifica riconosce come indicativi di un superamento totale della malattia.

La Legge sull’oblío oncologico, in questo caso, si pone come una nuova regola che oggi vieta agli operatori commerciali anche semplicemente di acquisire informazioni che abbiano ad oggetto patologie oncologiche, laddove siano trascorsi 10 anni dalla malattia senza ricadute. La scienza ritiene che questo spazio temporale sia sufficiente a definire il soggetto come definitivamente guarito, per cui l’informazione non rileva più.

 

 

La Direttiva UE n. 2225 del 2023

Sotto certi aspetti, la Legge sull’oblío oncologico pone un cambio di paradigma che verrà decisamente rafforzato con la nuova normativa europea sul Credito al Consumo, la Direttiva 2023/2225/UE (CCD2), la quale, per ciò che attiene agli intermediari bancari nella valutazione del merito creditizio è anche più rigida di quella del 2008.

La CCD2, che dovrà essere recepita entro il 2026 e che, quindi, ad oggi ancora non è applicabile, come la Legge sull’oblío oncologico pone al centro la persona e si rivolge agli operatori finanziari, i quali saranno chiamati ad effettuare la valutazione del merito creditizio per erogare finanziamenti guardando più al cliente che alla stabilità finanziaria e alla sana e prudente gestione.

 

Ambito assicurativo

La Direttiva, partendo dalle pratiche di commercializzazione abbinata e aggregata (i finanziamenti abbinati alle polizze di cui abbiamo parlato precedentemente), stabilisce che gli Stati membri dispongano che i dati personali relativi alle diagnosi di malattie oncologiche delle persone non siano utilizzati ai fini di una polizza assicurativa collegata ad un contratto di credito, dopo un periodo di tempo che gli Stati membri non possono prevedere come superiore a 15 anni dalla certificazione di guarigione. In questo senso la norma italiana, riducendo il termine, favorisce maggiormente le persone.

 

Ambito bancario

Uscendo dall’ambito assicurativo, nell’ambito bancario la Direttiva prevede che la valutazione del merito creditizio debba basarsi esclusivamente sui dati riguardanti la situazione economico-finanziaria e afferma che tali informazioni non dovrebbero includere categorie di dati personali di cui all’art. 9 del GDPR, compresi, quindi, quelli relativi alla salute.

 

Questo che cosa significa? Passato, presente e futuro

Ad oggi, nello Stato italiano abbiamo una Legge sull’oblío oncologico che, cambiando il paradigma, consente di evitare discriminazioni per la persona che presenti una certificazione di guarigione da una malattia oncologica senza ricadute da più di 10 anni. Quindi pone un divieto RELATIVO di trattare questa tipologia di dati nei contratti bancari. In questo caso, la nuova Direttiva non pregiudicherà le attuali disposizioni italiane.

In futuro avremo una norma che, in ossequio alla Direttiva europea, stabilirà un divieto ASSOLUTO di trattare le informazioni di cui all’art. 9 del GDPR. Quindi, nella valutazione del merito creditizio effettuato dalle Banche:

  • Prima della normativa sull’oblío oncologico: esse potevano trattare i dati riguardanti la salute;
  • Attualmente, con la Legge n. 193 del 2023: non possono trattare i dati relativi ad una patologia oncologica superati i 10 anni dalla certificazione di guarigione (in questo caso, l’interessato che voglia avvalersi del diritto all’oblío deve presentare la certificazione che attesti l’avvenuta guarigione nei casi e alle condizioni richieste);
  • In futuro, a seguito del recepimento della CCD2: le Banche non potranno trattare affatto i dati di cui all’art. 9 del GDPR, in cui rientrano quelli relativi alla salute e l’obbligo di cancellazione avverrà probabilmente ex lege, ovvero senza alcuna richiesta da parte dell’interessato.

 

Rischio

Se la nuova Direttiva da un lato comporta per le Banche uno sgravio di responsabilità (dal punto di vista formale, in caso di eventuali rilievi nell'accuratezza della valutazione del merito creditizio, per legge non potranno essere utilizzati dati particolari), dall'altro potrebbe porre le Banche in una situazione di difficoltà, esponendole al rischio di trovarsi di fronte ad un possibile aumento dei casi di insolvenza rispetto a quelli attuali. E questo potrà comportare un innalzamento dei tassi di prestito a carico di tutti i consumatori, per coprire l'aumento del rischio derivante da crediti erogati senza tenere conto di fattori che attengano ad informazioni sulla salute.

 

Possibili sviluppi futuri: utilizzo dei dati sintetici?

Senza addentrarci troppo nei tecnicismi propri di settore, alla luce delle nuove norme introdotte dalla CCD2 sarà sicuramente necessario rianalizzare le finalità del trattamento dei dati personali precedentemente acquisite: se l'unica finalità per la quale sono sati raccolti in passato è quella legata alla valutazione del merito creditizio, tali dati dovranno probabilmente essere cancellati.

La loro cancellazione potrebbe ridurre l'affidabilità dei calcoli in relazione al rischio creditizio non solo per la singola pratica, ma anche per il rischio globale dell'erogatore, necessari per pianificare le linee di credito. Tra le ipotesi in campo per permettere di effettuare delle stime utili, ci sarebbe anche quella dell’utilizzo dei dati sintetici a sostituzione di quelli fino ad oggi utilizzati.

I dati sintetici sono informazioni riprodotte artificialmente, con l’impiego di algoritmi di machine learning di tipo generativo, sulla base di dati riferiti a persone fisiche reali.

Il processo di sintetizzazione consiste nell’apprendimento, da parte di un algoritmo, delle correlazioni e delle metriche statistiche dei c.d. big data: un grande quantitativo di dati, riprodotti in maniera più o meno granulare, anche sulla base del grado di sintetizzazione scelto, in un nuovo database artificiale, senza alcuna replicazione o collegamento diretto con gli elementi identificativi propri dei dati di partenza. Se si riuscisse ad effettuare il calcolo del rischio agendo su un dataset con le stesse caratteristiche e relazioni statistiche di quello originario, si potrebbe ipotizzare un sistema di calcolo con risultati analoghi.

di Alessia Giardina

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